L’autosvezzamento ha in sé una componente di gioco.
Ciò non significa che non ci siano delle regole. Significa però che bisogna capire quali siano le regole che hanno realmente senso e quali rischiano di rendere il momento frustrante facendogli perdere la connotazione educativa, intima e famigliare che dovrebbe avere.

Le regole dipendono da famiglia a famiglia anche se l’approccio corretto sarebbe quello di ascoltare e osservare il bambino per capire cosa d’istinto farebbe e capire se e come quell’istinto abbiamo voglia di assecondarlo oppure va troppo fuori dalle nostre “regole”.
Ad esempio: l’autosvezzamento si presta benissimo al “mangiare con le mani”. Questa parte che sembra una mancanza di regole, in realtà è una parte fondamentale perché il bambino prima manipola il cibo, ne conosce la consistenza e poi lo porta alla bocca, ma lo porta con già una serie di informazioni ricavate dalla manipolazione che lo aiutano a gestire meglio il boccone, limitando il rischio di soffocamento. Ha già registrato se quel boccone sarà duro o morbido, viscido o secco, succoso o asciutto. E lo avrà fatto toccandolo con le mani.

Per cui, se proprio non ci disturba eccessivamente lasciamolo pure mangiare con le mani. Osservando continuamente mamma e papà usare le posate sarà la sua stessa curiosità a portarlo a provare (lasciamogli sempre un cucchiaino a disposizione). Tra l’altro, il movimento delle mani che si infilano nel piatto per poi portare il cibo alla bocca è lo stesso movimento che il bambino dovrà compiere con le posate. In sostanza, quindi, si sta allenando, sta allenando la coordinazione motoria e visiva.

Se invece venisse imboccato, quel movimento non avrebbe modo di sperimentarlo e di svilupparlo e potrebbe addirittura impiegarci più tempo ad imparare ad usare le posate rispetto ad un bambino lasciato libero di mangiare con le mani.

Se però il bambino manipola il cibo e poi al posto che portarlo alla bocca lo lancia sulle pareti della cucina allora siamo tutti d’accordo sul fatto che questo porti a poco e che sia giusto dare delle regole e stoppare un comportamento scorretto.

Come ogni gioco ricordiamoci che nulla va imposto, altrimenti si perde lo scopo e il momento del pasto diventa una forzatura, come se ti obbligassero a giocare a nascondino quando sei stanco o a colorare quando vuoi giocare con le bambole.
Proponiamo questo “gioco” sempre agli stessi orari, se possibile, in modo che diventi parte della routine quotidiana ma se vediamo che non è il momento non insistiamo in maniera eccessiva. Un po’ di incoraggiamento va bene perché a volte i bambini devono solamente essere convinti, ma questo non deve mai diventare esasperazione. Si vede che in quel momento non ha fame o vuole fare altro. Meglio cedere e lasciarlo scegliere piuttosto che far entrare nella testa del bambino che il momento della pappa sia un momento difficile/stressante. I maggiori problemi con il cibo dell’età successiva derivano da una scorretta impostazione del rapporto con il momento del pasto. Insistere troppo, soprattutto in bambini arrendevoli di carattere, porterà il bambino a mangiare per accontentare le richieste del genitore e per non vederla più agitata. In questo modo, però, non avrà dato ascolto al suo istinto e al suo livello di sazietà con il rischio di sviluppare un rifiuto per qualcosa che nel suo inconscio ha registrato come un momento di stress. Se non imparerà ad ascoltare le esigenze del suo corpo relativamente alla fame, il bambino potrà avere maggiori rischi di sviluppare patologie che riguardano la carenza o l’eccesso di cibo.

Maggiori informazioni sull’autosvezzamento si possono trovare nel libro sullo svezzamento: “Dire Fare Svezzare – Autosvezzamento dalla A alla Z“, un volume ricco di spunti e consigli pratici utili per affrontare lo svezzamento con serenità.