La morte è un evento naturale e, prima o poi, grandi e adulti dovranno farne esperienza; ma ancora oggi a riguardo c’è un grosso tabù.
Molto spesso, gli adulti nascondono la morte ai bambini senza pensare che piuttosto che viverla nel mondo reale, ne fanno esperienza nel mondo virtuale o nei film.
Ciò non fa altro che rendere di difficile comprensione cosa sia la morte e cosa essa comporti non sapendo poi elaborare l’episodio luttuoso.
Tutti noi siamo pronti e ben disposti a parlare della nascita di un fratellino o del cuginetto e ciò dovrebbe accadere anche per gli episodi di lutto.
Su quest’argomento i bambini hanno un forte desiderio di confrontare i loro pensieri e le loro emozioni e soprattutto le loro paure facendo domande.
Non ci rendiamo conto che è il “non detto” ad alimentare il loro timore.
Il primo passo è dire le cose così come stanno e usare le parole per quello che sono, quindi si può iniziare a spiegare cosa sia la morte aiutando i bimbi a distinguere tra realtà e fantasia.
I bambini, inoltre, a differenza degli adulti, entrano ed escono dall’episodio luttuoso molto più velocemente.
Può capitare che il giorno dopo l’esperienza del lutto tutto sembri normale e magari vederli piangere per la perdita del caro solo dopo qualche settimana o addirittura qualche mese.
Noi adulti dobbiamo aiutarli a dare un nome all’emozione che provano.
Gli si può chiedere di raccontare un momento triste o felice e magari di disegnarlo.
Frequentemente i bambini esprimono il dolore con i comportamenti, quindi può essere frequente trovarli distratti o tendenti all’isolamento.
Il nostro compito è stare accanto a loro ascoltandoli senza giudizio e senza fretta.

Mi chiamo Tiziana Cambria. Mi sono laureata alla Facoltà di Psicologia a Messina e sono iscritta all’ordine degli psicologi della regione Sicilia. Ho frequentato corsi e master relativi all’età evolutiva e sono esperta di disturbi dell’apprendimento e del comportamento. Mi occupo di formazione per docenti e studenti. Collaboro con istituti primari e secondari della mia città oltre che lavorare nel privato occupandomi di potenziamento delle abilità scolastiche.
Ho deciso di diventare contributor perché mi piace il principio cardine del gruppo. Tante donne, tante mamme così diverse per esperienze e vissuti che sono sempre pronte a mettersi in gioco e soprattutto sempre pronte ad aiutarsi senza competitività e invidie