Alimentazione e bambini: quale rapporto?
La relazione dei bambini con l’alimentazione rappresenta un tema molto importante per le famiglie con numerose implicazioni di ordine psicologico ed educativo.
Essa, infatti, sin dalle origini, è portatrice di un’esigenza nutrizionale ed emotiva. Il bambino impara ad alimentarsi in uno scenario interattivo caratterizzato dagli scambi affettivi con gli adulti di riferimento.
Prendersi cura di tali scambi relazionali al giorno d’oggi rappresenta una vera e propria sfida per noi genitori. Visti i ritmi frenetici della quotidianità che spesso ci impongono tempi di condivisione con i nostri figli molto limitati ed attenzioni concesse frettolosamente rispetto ai loro reali bisogni. Ecco che anche lo spazio dedicato ai pasti, a cui noi genitori teniamo molto, si trasforma in una facile arma in mano ai figli per ricevere considerazione ed in un vero e proprio serbatoio di emozioni contrastanti ed aspettative disattese che non fanno altro che alimentare la frustrazione ed il risentimento da parte di entrambi.
Come favorire, quindi, nei bambini un rapporto sereno ed equilibrato con il cibo?
Prima di tutto, instaurando un clima sereno a tavola, scevro da tensioni e preoccupazioni in cui si dia priorità alla qualità del tempo trascorso insieme (evitando, possibilmente, di accendere la televisione) : un bambino che fa esperienza di carezze emotive interiorizzerà il piacere della condivisione di questo momento di intimità familiare che potrà realmente diventare luogo di espressione del proprio bisogno ed, al contempo, di incontro con l’altro piuttosto che campo di battaglia dove vincere a tutti i costi le attenzioni genitoriali al prezzo di digiuni o abbuffate.
Inoltre, come ben sappiamo, i bambini apprendono per imitazione, assorbono le nostre abitudini alimentari, è nostro dovere etico essere coerenti con ciò che professiamo, scegliere un’alimentazione sana ed interrogarci sul modo in cui noi per primi viviamo l’alimentazione sia sul piano nutritivo che emotivo in modo tale da ridurre il rischio di trasferire certi comportamenti ai nostri bambini (ad es. il cibo come valvola di sfogo a tensioni interne accumulate o come compensazione di vuoti affettivi).
È importante stimolare nei bambini la curiosità per la scoperta di cibi nuovi attraverso una certa dose di creatività e leggerezza : giocare con i colori e l’aspetto del cibo può facilitarli ad adottare un approccio meno selettivo nei confronti degli alimenti sconosciuti.
Il tutto, naturalmente, condito dal rispetto dei tempi del proprio bambino (evitando forzature che lasciano poco spazio al piacere di sperimentare nuovi sapori) e dalla fiducia nelle sue capacità di imparare a riconoscere i segnali di fame e sazietà : i bambini sono molto legati alla sensazioni corporee e sanno quando dire basta, sanno fermarsi prima di essere troppo pieni, il rifiuto di terminare la minestra denota la loro capacità di riconoscere un limite e di autoregolarsi ascoltando il proprio corpo.
Risulta poco utile utilizzare il cibo come premio dal momento che così facendo stiamo trasferendo ai bambini l’idea che per gestire una situazione potenzialmente stressante sia necessario mangiare.
Infine, non andrebbero vietati del tutto i cosiddetti “cibi spazzatura” perché ciò non farebbe altro che renderli ancora più desiderabili proprio perché proibiti quanto piuttosto andrebbe stabilito consapevolmente un limite di assunzione giornaliero/settimanale che possa garantirne un utilizzo moderato sempre all’interno di un regime alimentare sano.
Acquisire consapevolezza rispetto alle abitudini alimentari che stiamo trasferendo ai nostri figli dona la grande libertà di essere pienamente responsabili del loro benessere e di poterli educare a gestire l’alimentazione in modo naturalmente equilibrato.

Mi chiamo Stefania Scarano, sono una psicologa, psicoterapeuta e formatrice, specializzata nell’ambito delle relazioni da oltre 15 anni.
Svolgo la professione di psicoterapeuta nella convinzione, rinforzatasi nel tempo, che le persone, se lo desiderano e sono realmente motivate, possono migliorare la propria esistenza, raggiungere maggiori livelli di benessere e di soddisfazione, riparare ferite e danni che le circostanze esistenziali, l’ambiente, la cultura e la propria storia biologica e psichica, hanno generato in loro.
La pratica clinica, le tante creative ore trascorse nella relazione con le persone che hanno deciso di confrontarsi con se stesse e con la propria storia per rendersi consapevoli e prendere in mano il proprio destino, hanno dato ragione alla mia fiducia nelle potenzialità umane e nella possibilità degli individui di auto realizzarsi.
Ho due figli e questo mi ha portata negli ultimi anni ad approfondire i temi legati alla genitorialità consapevole, al fine di lavorare nella prevenzione del disagio che può nascere in queste prime fasi evolutive.
Infine, mi occupo anche di disagi nell’area della sessualità e dell’Identità di Genere, avendo collaborato per anni con il Day Hospital per i Disturbi dell’Identità di Genere c/o l’U.O.C. di Psichiatria Universitaria- Az. Ospedaliero Universitaria Consorziale Policlinico di Bari e di perizie psicologiche in ambito canonico nei processi di nullità matrimoniale.